sábado, 2 de março de 2013

Spogliarsi della propria povertà

Ingresso di Gesù in Gerusalemme, Cappella del Monastero di San Lorenzo, Amandola, Marche.
Adorando «in spirito e verità» (Gv 4, 23), l'uomo parla e agisce non come colui che comprende e possiede con le sue forze, ma come colui che è compreso e posseduto, occupato. La sua preghiera non impedisce la grande vittoria del mistero nell'uomo, non rende l'uomo «forte» contro il mistero; piuttosto, nella preghiera il mistero si eleva sopra l'orizzonte estetico scintillante delle più alte sensazioni umane, e per la prima volta diventa una pressante esigenza e una chiamata. Da un'anonima presenza nel muto pathos della commozione umana il mistero passa, nella preghiera, a diventare ll'«Emmanuele», guadagna piena forza su tutto il nostro essere e non solo sulla occulta profondità e sulla vastità trascendentale dello spirito ma anche sul-la oggettiva realtà fisica: sui pensieri e le immaginazioni, sulla parola, sullo sguardo e sui gesti. L'uomo non ha più niente che non corrisponda alla dominatrice promessa del mistero, niente che possa assolverlo dal suo impegno con esso. Pregando, infatti, l'uomo si spoglia anche della propria povertà e la consegna al mistero. Questo è appunto il senso più profondo del parlare umano: che in esso non si svincoli dal mistero, bensì si consegni a esso; e pensando e parlando non si allontani dal mistero, bensì lo invochi e con ciò si metta sempre più a sua disposizione.

E quando, nella povertà del suo spirito adorante, l'uomo appare davanti al volto della divina libertà, al-l'impenetrabile misterioso «Tu» di Dio, allora egli è anche introdotto nella profondità del suo io insondabile, della sua personale dignità; allora, in una parola, si compirà il suo divenire umano. Nell'adorazione glorificante di Dio l'uomo è portato tutto intero davanti ed entro se stesso. Perché in realtà egli non è altro che ciò che Dio ha dato a se stesso, la promessa di Dio, chiamata e riunita alla sua natura.

L'adorazione è dunque il più alto compimento del-l'uomo, la sua rappresentazione e attuazione più comprensiva. Sacrificando tutto, anche la propria povertà, osando nella preghiera la povertà della propria povertà, l'uomo diventa «ricco» e grande: «Perché quando sono debole, proprio allora sono forte» (2 Cor 12, 10).

J.B. Metz, Povertà nello spirito, 69-71.

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