Comincerò col dire che nella solitudine sono liberato dalle mie impalcature: solo con me stesso, nudo, vulnerabile, debole, peccatore, miserabile, crollante, nient'altro. E questo nulla che devo affrontare nella mia solitudine: un nulla così terribile che tutto in me preme perché corra dai miei amici, al mio lavoro, alle mie distrazioni, in maniera da poterlo dimenticare, questo nulla, e indurmi a credere che sono degno di qualcosa. Ma non è tutto. Non appena decido di stare in solitudine, idee confusionarie, immagini conturbanti, fantasie disordinate e associazioni strambe balzano alla mia mente come scimmie su un banano. L'ira e la cupidigia prendono a mostrare i loro volti minacciosi. Compaiono discorsi ostili verso i miei nemici e sogni cupidi in cui sono ricco, attraente e importante, oppure, povero, sgradevole e bisognoso d'immediata consolazione. Così, tento nuovamente di sottrarmi all'oscuro abisso del mio nulla e di restaurare il mio falso io in tutta la sua vanagloria.
Il mio compito è di perseverare nella solitudine, di stare nella mia cella finché tutti i miei seducenti visita-tori si siano stancati di battere alla mia porta e decida-no di lasciarmi solo.
La lotta è reale perché il pericolo è reale: il pericolo di vivere tutta la nostra vita come una continua difesa contro la realtà della nostra condizione, come un in-quieto sforzo di convincere noi stessi della nostra virtù. Eppure Gesù non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (cf. Mt 9,13).
Questa è la lotta: la lotta per morire al falso io. Essa è però al di là, molto al di là delle nostre forze. Chiunque pretenda di combattere i suoi demoni con le sue armi è un folle. La sapienza del deserto sta nella costatazione che il confronto col nostro spaventoso nulla ci sospinge ad arrenderci totalmente e incondizionata-mente al Signore. Soli, non possiamo scagliarci contro il «mistero di iniquità» impunemente. Unicamente Cristo può sopraffare le potenze del male. Unicamente in lui e per lui possiamo sopravvivere alle prove della nostra solitudine.
H.J.-M. Nouwen, Silenzio, solitudine, preghiera, 29-31.
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