quarta-feira, 18 de dezembro de 2013

19 Dicembre - L’annuncio a Zaccaria

Annuncio a Zaccaria, tempera su carta, Monastero di San Lorenzo, Amandola Marche, Italia 2007.
Zaccaria è sacerdote, Elisabetta appartiene alla discendenza di Aronne.

«Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore» (Lc 1, 6), eppure sembrano oggetto di un castigo divino. «Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni» (Lc 1,7).

Si ha l’impressione che la storia di Abramo ricominci da capo. Come avvenne per Abramo e Sara, Dio stesso interverrà con la sua Parola e un angelo sarà il suo messaggero. (...)

L’apparizione di Gabriele nel santuario durante l’offerta della sera manifesta l’ormai prossimo compimento della profezia da lui annunciata nel libro di Daniele riguardo alla venuta del Messia e all’unzione di un Santo dei Santi (cf. Dn 9,20-27). E mentre annuncia a Zaccaria l’esaudimento della sua preghiera, l’angelo Gabriele, ritto alla destra dell’altare, descrive la missione del figlio che Elisabetta gli darà. Dice innanzitutto il suo nome, che è già rivelativo: «Giovanni», che significa «JHWH fa grazia».

Dio risponde alla preghiera dell’uomo con la sovrabbondanza della sua grazia. Poi Gabriele sottolinea la gioia portata dalla nascita del bambino; e già si profila la gioia messianica che colmerà l’attesa di Israele.

La consacrazione di Giovanni per una missione particolare è affermata in termini che ricordano la storia di Sansone (cf. Gdc 13,4. 13-14) e l’istituzione del nazireato (cf. Nm 6,3). Questa missione consiste nel camminare dinanzi all’inviato di JHWH con lo spirito e la forza di Elia, cioè in qualità di profeta. La pienezza dello Spirito Santo che discende su di lui fin dal seno materno lo pone nel solco di Geremia (cf. Ger 1,5) e il suo ruolo di riconciliatore messianico adempie la speranza intravista da Malachia al termine dell’Antico Testamento (cf. Ml 3, 24): deve preparare il popolo all’instaurazione del regno.

Nel momento m cui per Israele si annunciano questi giorni decisivi, Zaccaria si vede ridotto al silenzio. Ha posto la stessa domanda di Abramo: «Come posso conoscere questo?» (cf. Gen 15, 8), ma senza la fede di Abramo.

Oppone la propria situazione, così come la vive, alla Parola creatrice di Dio. Come il primo Adamo esige un sapere più grande della rivelazione che gli viene data, ma la Parola di Dio si dà testimonianza da se stessa: «Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? — risponde Dio a Mosè dubbioso ed esitante. — Non vi è forse Aronne, tuo fratello? Gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire» (Es 4,11. 14-15).

Una medesima parola di vita attraversa la carne dei due sposi rendendo l’una feconda e l’altro muto. Zaccaria, ridotto al silenzio, impotente a pronunciare la benedizione finale deve scomparire davanti al solo che è in grado di pronunciarla e di portare a compimento la liturgia iniziata.

Poi Zaccaria, una volta guarito, benedirà Dio, ma la benedizione sul popolo sarà data alla fine dell’evangelo (cf. Lc 24,50-51) da Gesù, che Pietro chiamerà il servo inviato a portare la benedizione (cf. At 3,26). (...)

Con essa si compirà, oltre ogni speranza, la promessa fatta da Dio ad Abramo: «In te saranno benedette tutte le tribù della terra» (Gen 12,3).

Ph. Bossuyt - J. Radermakers, Jésus Parole de Li Grcice selon saint Luc, 95-98.



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