Entrata di Gesù in Gerusalemme e nella vita di Zaccheo, Tempera su tavola, 2002- |
Il vangelo dice che «la città tutta fu in agitazione» (Mt 21,10), ma questo re non ha alcun potere se non quello dell'amore, non dona nulla se non libertà e gioia, non chiede nulla se non questo stesso amore e questa stessa libertà.
«Ecco il tuo re viene a te, mite» (Zc 9,9). Questo testo del profeta Zaccaria è citato dal vangelo (Mt 21,5) e questa stessa profezia è letta durante la liturgia della Domenica delle Palme. Proprio in quest'incontro tra l'umiltà e la sovranità, tra il potere e l'amore, tra la gloria e la libertà, risiede il significato eterno di questo evento evangelico e insieme di questa festa. Come allora, anche il mondo attuale esalta il dominio, il potere, il successo, il conflitto. Allora come adesso, ciascuno vuoi regnare sull'altro, comandare, dirigere, esaltare il proprio potere. «I re delle nazioni dominano su di esse, dice il Signore, e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere fra voi» (Mt 20,25-26). (...)
Gesù avanza verso Gerusalemme; è il Signore povero, che non ha pietra ove posare il capo. Invia due discepoli perché gli conducano un asinello, sul quale si siede: ed è qui tutto il suo trionfo, tutta la sua gloria. Gli vengono incontro folle immense e tutta la città risuona dei saluti tradizionalmente riservati al re: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 21,9).
Gesù insegnava: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Tutto il suo insegnamento prova che non esiste alcun potere al mondo che possa spezzare dall'interno e asservire colui che conosce la verità e che in essa ha ottenuto la libertà. Si può trasformare un paese in una prigione e obbligare la gente a tremare per decine di anni. Giunge il momento in cui la verità trionfa e il potere trema. Bisogna di nuovo mobilitare gli schiavi del potere perché gridino: «Crocifiggete, annientate, chiudete la bocca a quei criminali!».
La Domenica delle Palme ci dice che il regno della libertà, dell'amore e della verità si è levato su questa terra. Cristo è entrato in una città di questo mondo. Ha insegnato che bisogna essere liberi qui ed ora, che bisogna amare qui ed ora, che ogni paura deve essere vinta dall'amore, che l'uomo realizza la sua eternità in questo mondo creato da Dio, ricolmo della bellezza di Dio.
Ogni volta che nell'ufficio di vigilie della liturgia orientale, la notte della Domenica delle Palme, in uno dei momenti più solenni e gioiosi, i fedeli che riempiono la chiesa innalzano i rami illuminati dalle candele e fanno nuovamente risuonare il grido: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!», in quell'istante non si fa semplicemente memoria di quello che avvenne tanto tempo fa, in un passato lontano. Con quelle parole i presenti promettono di essere fedeli all'unico re e all'unico regno, promettono di essere fedeli alla libertà, alla verità e all'amore che egli ha annunciato, o più semplicemente riaffermano e annunciano la libertà divina dell'uomo.
La Domenica delle Palme è la festa del regno di Dio che ha cominciato a manifestarsi. Certo, sappiamo che dopo la luce e la gioia di questo giorno, dopo questo trionfo e questa gloria ci immergeremo nella tristezza e nelle tenebre della Settimana Santa. Il potere non dimenticherà e non perdonerà il trionfo di Cristo, lo condannerà a morte e farà di tutto per estirpare anche l'ultimo briciolo del suo terribile insegnamento, perché gli è insopportabile il suo appello alla libertà, all'amore e alla verità.
La Domenica delle Palme è «anticipazione della croce», come proclama un canto di questa festa, ma noi sappiamo già che dal profondo del Venerdì santo, sulla via del Golgota, mentre il Cristo sta andando verso la sofferenza e la croce, ci giungono le sue parole: «Padre, l'ora è venuta: glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1-2).
A. Schmemann, Le dimanche des Rameaux, 23-25.
Nenhum comentário:
Postar um comentário