sábado, 12 de março de 2016

Quinta Domenica di Quaresima: L'Adultera

Is 43,16-21 Sal 125 Fil 3,8-14 Gv 8,1-11
La liturgia di oggi ci mette di fronte al Signore Gesù come nostro difensore, nostro rifugio, nostro conforto: «Rimase solo Gesù con la donna là nel mezzo» (Gv 8,9). Ed è proprio là - appunto nel mezzo che ognuno di noi oggi è chiamato a sostare, lasciandosi guardare e giudicare, lasciando che ciascuno prenda la sua decisione su di noi e persino contro di noi: «scagli per primo la pietra contro di lei» (v. 7).
Il quadro del testo evangelico è molto semplice: una donna, degli uomini che l'accusano e sono pronti a ucciderla per adempiere la legge; l'uomo Gesù, che loro vogliono condannare assieme e a causa di questa donna quasi fosse lui il complice che la legge prevede sia pure punito.
Il Signore Gesù si lascia interpellare non come un rabbì e neanche come un giudice, ma, secondo il suo modo di fare aperto, leale, assolutamente trasparente, «postala nel mezzo» (Gv 8,3), si lascia toccare da questa donna che giace lì, davanti ai suoi occhi, in attesa che egli punti il dito contro di lei, e invece «si mise a scrivere col dito per terra» (v. 6). Forse Gesù scriveva: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche…» (Is 43,18). O forse non scriveva nulla, ma lasciava a ciascuno la possibilità di leggere nel proprio cuore tutto quello che si sarebbe potuto scrivere contro i suoi inganni, le sue ombre, le sue paure...
Il Signore Gesù non si muove dal suo posto e, invece di interessarsi alla donna puntando il dito contro di lei, si rivolge ai suoi accusatori toccando loro il cuore: «Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7). Questa parola cambia tutto. La Scrittura senza la Parola uccide. Gesù dà Parola alla Scrittura e tutto cambia e la Scrittura invece di essere «eseguita» viene «compiuta», come più tardi avverrà sul Golgota, dove Gesù sarà crocifisso esattamente e proprio «nel mezzo» (Gv 19,18). Ormai si può fondare tutto non sulla giustizia «derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede» (Fil 3,9).
In quella donna svergognata e spogliata di tutta la sua dignità Gesù vede l'umanità, vede ciascuno di noi nella propria fragilità e aiuta quegli uomini a specchiarsi non nella legge - di cui sono garanti - ma in quella donna, la cui debolezza è anche la loro, è anche la mia. Chissà se Gesù si sarà ricordato di sua Madre e del pericolo che aveva corso? Chissà se si è ricordato di ciò che suo padre - Giuseppe - aveva fatto a suo tempo...?
In ogni modo ciò che cambia il destino di ciascuno di noi è la presenza di Gesù «in mezzo a noi». Se egli non ci fosse stato, quella donna sarebbe morta e quegli uomini non sarebbero cresciuti. La presenza di Gesù cambia il nostro modo di guardare verso l'altro, perché ci aiuta a cominciare e a ricominciare sempre a guardare l'altro partendo da noi stessi: dai nostri bisogni, dalle nostre fragilità, sentendo ogni creatura come parte di noi stessi: «Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto» (Is 43,20).
Abbiamo bisogno ogni giorno di ritrovarci soli con Gesù non per essere assolti dal nostro peccato con un colpo di spugna, ma per essere rilanciati verso la vita: «va'» (Gv 8,11). Questo invito ad andare è ciò che ci ridona la possibilità di dare un nuovo volto alla nostra vita anche se possiamo dire: «non ritengo di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro corro... » (Fil 3,13-14). Ogni giorno potremo ormai dire: «Signore, se non ci fossi stato tu, che fine avrei fatto?», ma egli ci risponde «io sono con te sempre» (Sai 72,26). Anzi, è sempre con noi per evitarci non solo di essere lapidati ma, ancor più, di essere conquistati dalla follia di passare tutta la vita con una pietra in mano, in cui tanto miseramente si rispecchia niente altro che il nostro cuore di pietra e non ancora di carne (cf. Ger 31).
Proprio mentre l'itinerario quaresimale si avvicina quasi a marce forzate al mistero pasquale, ciascuno di noi è chiamato a mettersi al posto giusto, a trovare e mantenere il suo posto e questa donna ce ne indica uno possibile: esattamente di fronte al Signore Gesù che ha il coraggio di porle una domanda su se stessa: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?» (Gv 8,10). La risposta la conosciamo tutti, ma la domanda è ancora più importante. Una domanda, anzi due domande, che nessuno sarà in grado di porre al Signore Gesù nell'ora del «più grande amore» (Gv 15,13), quando la «giustizia» fece il suo iniquo corso.

Semeraro, Micheldavide, Con Gesù in compagnia di Luca, La Parola festiva nell’Anno C, EDB Bologna 2006, 47-48.

3 comentários:

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  2. Caro D. Ruberval! I suoi testi e le sue belle pitture sono finestre aperte al Paradiso!
    Grazie per questo spazio vitale e vivificante!
    Un grande abbraccio!
    Gustavo Zaka

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  3. Grazie, Gustavo! La Bellezza è diffusiva di se stessa... dobbiamo solo aiutarla con i nostri poveri mezzi...

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