sábado, 9 de março de 2013

Ascesi: una parola incomprensibile?

Battesimo del Signore, avorio sec. XII, Salerno.
Il digiuno, che è l'atto più immediato e più universale dell'ascesi ecclesiale, oggi è stato quasi abolito anche ufficialmente in occidente. Il centro di gravità della pietà cristiana si è spostato di più, se non esclusivamente, sulla cosiddetta «coerenza morale individuale», su ambiti di comportamento razionalmente giustificati, su un'obbedienza logicamente ovvia e oggettivamente necessaria a comandamenti di utilità sociale.

Sempre di più la vita cristiana sembra esaurirsi in un certo «modo di comportarsi», in un codice di buona condotta. Sempre di più il cristianesimo si aliena in una modalità sociale adattata al metro delle esigenze umane meno degne, del conformismo, della conservazione sterile, della ristrettezza di cuore e della paura di osare, come pure al metro di un moralismo insignificante che cerca di adornare la viltà e l'assicurazione individuale e con l'ornamento funereo delle convenienze sociali. Gli uomini che veramente hanno sete di vita, che disperatamente lottano per distinguere una qualche luce nel mistero ermetico dell'esistenza umana, cioè gli uomini ai quali primariamente e per eccellenza si rivolge il vangelo della salvezza, ebbene tutti costoro rimangono inevitabilmente lontani dalla convenzionalità sociale razionalmente organizzata del cristianesimo stabilito.

In questo clima odierno, per un gran numero di uomini, di cristiani, l'ascesi anche solo come parola è alquanto incomprensibile. Se uno parla di digiuno e di continenza e di volontaria limitazione dei desideri individuali è sicuro che sarà accolto da ironia o da un'aria di condiscendenza. Questo certamente non impedisce agli uomini di avere le loro «convinzioni metafisiche», di credere ad un qualche «essere superiore» o al «dolce Gesù» che ha insegnato una meravigliosa morale. Ma la domanda è se servono le «convinzioni metafisiche» quando non danno neppure minimamente una reale (non idealistica e astratta) risposta al problema della morte, allo scandalo della dissoluzione del corpo nella terra.

Questa risposta si trova solo nella conoscenza donata dall'ascesi, dall'impegno del nostro stesso corpo da resistere alla morte, dal superamento dinamico della necrosi dell'uomo. E non una qualsiasi ascesi ma quella che è conformazione all'esempio di Cristo che volontariamente ha accettato la morte per dissolvere la morte, «calpestando la morte con la morte». Ogni volontario morire all'egocentrismo «contro natura» è abolizione dinamica della morte e trionfo della vita nella persona. Perché l'uomo giunga finalmente alla consegna fiduciosa del suo corpo, ultima roccaforte della morte, nelle mani di Dio, nelle braccia della «terra del Signore» nella pienezza della comunione dei santi.

Ch. Yannaras, La libertà dell'ethos, 115-116.

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