sábado, 16 de março de 2013

In orante silenzio

San Giuseppe silenzioso... icona per le mani di Ivan Polverari
Il silenzio ha una duplice maniera di imporsi a noi: proviene dalla nostra povertà oppure sgorga da una pienezza. Spesso è necessario che il silenzio ci venga dapprima dal sentimento della nostra povertà. Ciò avviene molto semplicemente quando ci rendiamo conto di non essere ancora capaci di pronunziare la parola come si dovrebbe. Gesù si è mostrato severo nei con-fronti delle parole inutili pronunciate dal credente con sconsideratezza (cf. Mt 12, 36). La parola è stata data all'uomo per rendere testimonianza alla Parola di Dio e per rendere grazie e benedire Dio. Ora, le nostre parole sono diventate una delle occasioni più faci-li per offendere Dio e per ferire i nostri fratelli. Una certa discrezione nel parlare è il segno che ne siamo coscienti e che desideriamo sinceramente non pronunciare altre parole se non quelle che sono arrivate a maturità nel nostro cuore. Un tale silenzio proviene innanzitutto da un vuoto in noi, ma un vuoto lucidamente accettato.

Ma c'è un altro silenzio: quello che scaturisce da una pienezza che c'è in noi. Isacco il Siro scriveva: «Sforziamoci innanzitutto di tacere. Da questo nascerà in noi ciò che ci condurrà al silenzio. Che Dio ti doni allora di sentire ciò che nasce dal silenzio. Se fai così, si leverà in te una luce che non so spiegare. (...) Dall'ascesi del silenzio nasce nel cuore, con il tempo, un piacere che spinge il corpo a rimanere pazientemente nella pace. E ci vengono le lacrime abbondanti, dapprima nella sofferenza, poi nel rapimento. Il cuore allora sente ciò che discerne nel profondo della contemplazione meravigliosa».

Questo silenzio è già preghiera o, secondo il medesimo autore, «linguaggio dei secoli a venire». Esso testimonia la pienezza della vita di Dio in noi, pienezza che deve rinunziare a ogni parola umana per esprimer-si in maniera adeguata. Per un certo tempo, solamente le parole della Bibbia arrivano ancora a esprimerla un po', ma poi arriva il momento in cui solo il silenzio può rendere conto della straordinaria ricchezza che ci è dato di scoprire nel nostro cuore. E un silenzio che si impone con dolcezza e con forza nello stesso tempo, ma dall'interno. La preghiera è divenuta legge a se stessa. Essa fa capire quando bisogna tacere e quando è necessario parlare. E purissima lode, e nel contempo stupefacente irradiamento. Un silenzio così non ferisce mai nessuno. Stabilisce attorno al silenzioso una zona di pace e di quiete in cui Dio è percepito come presente, in maniera irresistibile. «Custodisci il tuo cuore nella pace», diceva Serafino di Sarov, «e una moltitudine attorno a te sarà salvata».

A. Louf, La voie cistercienne, 97-98.

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