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Quanto al digiuno totale, esso deve essere necessariamente limitato nella sua durata e collegato con l'eucaristia. L'essenziale è viverlo come attesa, speranza, fame di Dio. Si tratta di concentrarsi spiritualmente su ciò che sta per venire, sul dono che si va a ricevere e per il quale si è pronti a rinunciare a tutti gli altri doni.
Si deve ancora ricordare che il nostro digiuno, per quanto limitato, se è un vero digiuno, condurrà alla tentazione, alla debolezza, al dubbio e all'irritazione. In altre parole, sarà un'autentica lotta e probabilmente soccomberemo molte volte. Ma proprio la scoperta della vita cristiana in quanto lotta e sforzo è l'aspetto essenziale del digiuno. Una fede che non ha superato i dubbi e la tentazione è raramente una fede autentica. Purtroppo, nessun progresso è possibile, nella vita cristiana, senza l'amara esperienza dell'insuccesso. Troppa gente comincia il digiuno con entusiasmo e vi rinuncia al primo insuccesso. Io direi che è proprio al primo insuccesso che avviene il vero collaudo. Se, dopo aver ceduto e aver dato libero corso ai nostri appetiti e alle nostre passioni, riusciamo a ripartire daccapo, senza rinunciare, non importa quante sono le volte in cui veniamo meno, prima o poi il nostro digiuno porterà i suoi frutti spirituali. Fra la santità e il cinismo disincantato c'è posto per la grande e divina virtù della pazienza, pazienza con se stessi, anzitutto. Non c'è scorciatoia per la santità; per ogni passo dobbiamo pagare l'intero prezzo. Così è preferibile e più sicuro iniziare con un minimo, appena un po' al di sopra delle nostre possibilità naturali, e incrementare poco a poco il nostro sforzo, piuttosto che tentar di saltare troppo in alto all'inizio e romperci qualche osso ricadendo a terra.
In breve: da un digiuno simbolico e formale, il digiuno inteso come obbligo e costume, dobbiamo far ritorno al vero digiuno, sia pure limitato e modesto, ma effettivo e serio. Mettiamoci con onestà di fronte alle nostre capacità spirituali e fisiche, e agiamo di conseguenza, ricordando però che non c'è digiuno che non sia una sfida a queste capacità e non introduca nella nostra vita una prova divina che le cose impossibili agli uomini sono possibili a Dio.
A. Schmemann, La grande Quaresima,106-107.
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