sexta-feira, 15 de março de 2013

La parola nasce dal silenzio

Annunciazione, Stella di Monsampolo, AP
Il silenzio non esiste nella nostra vita soltanto per sé. E ordinato a qualche cos'altro. Il silenzio genera la parola. Un'intera vita di silenzio è ordinata a una dichiarazione definitiva, che non può essere espressa in parole, una dichiarazione di tutto ciò per cui abbiamo vissuto.

Vita e morte, parole e silenzio, ci sono dati a causa di Cristo. In Cristo moriamo alla carne e viviamo allo spirito. In lui moriamo all'illusione e viviamo alla verità. Parliamo per confessare lui e restiamo in silenzio per meditare su di lui ed entrare più profondamente nel suo silenzio, che è in pari tempo il silenzio della morte e della vita eterna, il silenzio della notte del Venerdì santo e la pace del mattino di Pasqua. (...)

E in questo silenzio si nasconde una persona: Cristo, lui stesso nascosto così come viene proferito, nel silenzio del Padre. Se riempiamo la vita di silenzio, allora viviamo di speranza e Cristo vive in noi e dà molta consistenza alle nostre virtù. Allora, quando viene il momento, lo confessiamo apertamente davanti agli uomini e la nostra confessione ha un grande significato perché si è radicata in un profondo silenzio. Essa risveglia, nelle anime di quelli che ci ascoltano, il silenzio di Cristo così che anche loro diventano silenziosi, e incominciano a stupirsi e ad ascoltare. Perché hanno incominciato a scoprire il loro vero essere.

Se la nostra vita si spande al di fuori in parole inutili, non udremo mai nulla nelle profondità del nostro cuore, dove Cristo vive e parla in silenzio. Non saremo mai nulla e alla fine, quando verrà per noi il tempo di dichiarare chi e che cosa siamo, saremo trovati senza parole proprio al momento della decisione cruciale: perché avremo detto tutto e ci saremo esauriti in discorsi prima di avere qualche cosa da dire.

Vi deve essere un tempo della giornata nel quale chi fa progetti dimentica i suoi piani e agisce come se non ne avesse affatto. Vi deve essere un tempo nella giornata in cui chi deve parlare sta in assoluto silenzio e la sua mente non formula più proposizioni ed egli si chiede: avevano esse un significato?

Vi deve essere un tempo in cui l'uomo di preghiera va a pregare come se pregasse per la prima volta nella sua vita; in cui l'uomo che ha preso delle decisioni le mette da parte, come se fossero state tutte frustrate, e impara una sapienza differente: distinguendo il sole dalla luna, le stelle dall'oscurità, il mare dalla terraferma, e il cielo notturno dal dorso di una collina.

Nel silenzio impariamo a fare distinzioni. Chi fugge il silenzio fugge anche le distinzioni; non desidera vedere troppo chiaro, preferisce la confusione.

Un uomo che ama Dio, ama necessariamente anche il silenzio, perché teme di perdere il suo senso di discernimento.

Th. Merton, Nessun uomo è un'isola, 266-269.

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