quinta-feira, 28 de fevereiro de 2013

Solo il povero sa amare

Osious Lukas, Salonico, sec. XII
Ogni autentico slancio di amore rende poveri. Esso impegna tutto l'uomo, chiama in gioco tutte le sue forze e tutti i suoi legami (cf. Mt 22, 37), e ha come conseguenza una diminuzione della sicurezza e protezione oggettiva, situata fuori dell'uomo. Perciò può vera-mente amare solamente l'uomo che è capace di darsi «gratuitamente», senza protezione e senza dubbi, per custodire poi questa donazione nella solitaria e dolorosa fedeltà di tutta una vita. Ogni autentico incontro umano avviene nello spirito di povertà. Perché noi dobbiamo farci «piccoli», saperci dimenticare e tirarci da parte affinché l'altro venga veramente a noi nella sua unicità. Dobbiamo saper lasciarlo essere, lasciarlo libero nel suo essere proprio, che spesso ci strappa a noi stessi e ci chiama a una dolorosa conversione. Solamente così prepareremo a lui, e a noi, un autentico «avvento». Spesso noi opprimiamo l'altro; lasciamo arrivare fino a noi solamente quello che passa attraverso

il filtro della nostra propria esistenza individuale, a cui siamo così abituati: in una parola, solamente quello che è già in noi. Ma, in questo modo, in noi non arriva mai propriamente l'altro, il mistero beatificante e salvatore del suo essere unico; siamo invece noi che ricadiamo in noi stessi, e paghiamo il prezzo di una solitudine dolorosamente corrosiva perché non abbiamo osato la povertà dell'incontro e abbiamo fatto di essa unicamente la nuova occasione di una disperata autoaffermazione e di una autoidolatria. Quello che ci resta è un'ombra di noi stessi, lo spettro infernale di quella natura che avrebbe dovuto trovare la pienezza e lo splendore del proprio essere nell'umile apertura all'altro, nell'au-dacia del «perdersi» per suo amore.

J. B. Metz, Povertà nello spirito, pp. 58-60.

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