segunda-feira, 22 de dezembro de 2014

22 Dicembre Il Magnificat: un discorso su Dio

Virgem del Magnificat, tempera sul legno, Cappella Seminario Padri Mariani, Curitiba, Pr, Brasile. 1998.
Il Magnificat fa emergere la portata e il significato dell’Annunciazione a partire da tre diverse situazioni umane: quella religiosa, quella socio-politica e quella etnica, ciascuna delle quali non basterebbe da sola a interpretare l’evento. Il congiungimento di tre linguaggi distinti tende precisamente a penetrare più a fondo nel mistero. Ciascuno dei tre approcci presenta vantaggi e limiti. Il figlio che Maria porta in grembo è la risposta di Dio alle aspirazioni religiose di «quelli che lo temono», alle aspirazioni socio-politiche dei deboli e dei bisognosi e a quelle nazionali del popolo giudaico. Tuttavia, pur rispondendo a tutte queste aspirazioni, va oltre le loro aspettative.

Agli occhi dell’evangelista Luca, è molto significativo che la madre del Salvatore sia stata scelta tra le figlie d’Israele, che appartenga alla stirpe di Abramo e dei patriarchi, anche se è vero che la salvezza alla quale credono i cristiani non è più questione di carne e di sangue. Occorreva tuttavia che la salvezza universale venisse da Israele, affinché fosse resa manifesta la fedeltà di Dio alle sue promesse e la continuità che fa della Chiesa l’erede di Israele.

È anche significativo che la madre del Salvatore sia stata scelta all’interno del gruppo religioso dei timorati di Dio i quali vogliono essere interamente al suo servizio, anche se è vero che la salvezza annunciata dall’evangelo non è riservata alle persone che si distinguono per la loro religiosità: più di ogni altro l’evangelista Luca insisterà sull’amore di Dio per i peccatori, i quali sono tutti chiamati alla conversione.

Non è infine meno significativo che la madre del Salvatore sia stata scelta nella classe sociale più umile, quella dei piccoli, dei deboli, dei poveri, diventando così la prima testimone di una salvezza la cui buona novella è direttamente destinata ai poveri. E questo non vuole affatto dimostrare l’idea che la salvezza portata al mondo da Cristo sia riservata a una classe sociale, ma rivela piuttosto l’atteggiamento di un Dio che non accetta l’ingiustizia sulla quale sono fondate le società umane, in cui la legge del più forte è sempre la migliore, e le preferenze di un Dio che privilegia proprio quelli che la società degli uomini disprezza e rigetta: nel regno di questo Dio i primi di questo mondo saranno gli ultimi e gli ultimi i primi. (...)

Il Dio di cui il Magnifrat celebra la santità, la misericordia e la forza è certamente il Dio che «i timorati di Dio» servono, tuttavia il seguito del vangelo ci fa sapere senza indugio che la sua sollecitudine si volge in modo particolare a quelli che si sono allontanati. A questi chiede di tornare a lui per poter perdonare loro tutto.

Il Dio celebrato dal Magnificat è e resta il Dio di Israele, il Dio che ha chiamato Abramo e le cui promesse in favore della sua discendenza non possono venir meno. Tuttavia è anche il Dio che ha voluto che tutti gli uomini possano beneficiare della salvezza accordata al suo popolo, indipendentemente dalla loro origine etnica.

La salvezza, infine, che Dio vuole assicurare a tutti gli uomini non prescinde dalle situazioni concrete della loro esistenza, ma comporta in modo essenziale un capovolgimento delle situazioni di ingiustizia che gravano sui deboli e i bisognosi. Il Dio del Magnificat si schiera risolutamente dalla parte dei poveri e dei privi di potere.

Il Magnificat non definisce Dio, ma ne parla solo in funzione dei diversi aspetti dell’intervento salvifico iniziato con l’Annunciazione. E di questo evento Luca ci presenta Maria quale prima testimone.

(J. Dupont, Le Magnificat comme discours sur Dieu, 338-342.)

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