La passione del Logos
fino alla morte in questo mondo, pur
comportando un'agonia e una morte della logica, sembrava ancora suscettibile
d'essere espressa in qualche modo con parole di quaggiù. Ma con quali parole
descriveremo la logica della risurrezione, destinata per sua natura a forzare le tombe delle nostre idee, a sorpassare le
nostre rappresentazioni temporali e spaziali, ad attraversare sovranamente le
porte chiuse del concetto? Essa è a tal punto realtà spirituale che tutte le
leggi della materia sono sospese; ed è insieme a tal punto realtà sensibile,
che il Figlio di Dio non solo appare, non solo parla, ma si fa sentire e
toccare, e mangia e beve insieme con i suoi.
La Parola è diventata del
tutto divina ma è rimasta del tutto umana; e questa umanità, che sempre è stata
espressione della sua divinità e ora ormai è stata riassunta nella sfera
celeste, è così naturalmente credibile sulla terra, che nessuna distanza la
separa da quaggiù, e che tutto il passato del cammino terreno è entrato nella
verità eterna, come raccolto in quelle stigmate che egli mostra. Le stigmate
sono più che un segno esterno, una specie di nobile emblema per il dolore che
c'è stato; al di là dell'abisso della morte e risurrezione che raggiunge la
profondità dell'inferno, esse so-no l'identità della coscienza. E sempre lo stesso, che ha conosciuto questa vita, questa croce e questa
morte. «Guarda le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!» (Lc 24,39).
(...)
Il Logos della
risurrezione, che sgorga dal miracolo della dimostrazione di potenza del Padre,
integra in sé tutto ciò che egli era sulla terra, per rapirlo nella sfera di
questo miracolo, per trasfigurarlo, per sopraelevarlo; il Logos quindi
conserva la continuità con il mondo della storia solo in quanto egli rinnova e
costruisce la storia a partire da questo nuovo inizio. Questo Logos, compreso
nella sua novità, non può assolutamente essere compreso a partire dalle
categorie del vecchio universo.
«Colui che
sente in modo terreno non accetta le cose che sono dello Spirito di Dio, egli
non può comprenderle, poiché esse devono essere giudicate in modo spirituale;
ma lo spirituale giudica tutto, e non è giudicato da nessuno» (1 Cor 2, 14-15). Qui si inserisce la dottrina di Paolo: il credente
è con-sepolto, con-risorge, addirittura con-ascende al cielo. (...)
E un costruirsi su Cristo
(cf. Col 2, 7), un «essere associati alla sua pienezza» (Col 2, 9) mediante
il «morire insieme a lui nel battesimo e risorgere insieme a lui per la fede
nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti» (Col 2, 12);
poiché proprio «i nostri misfatti», «il certificato di debito che suona contro
di noi» furono in lui «inchiodati sulla croce» (Col 2, 14). E così
«attraverso la morte dell'Uno sono tutti morti» (2 Cor 5, 14)
o anche, ciò che conduce alla stessa conclusione, «mediante l'opera di
giustizia di uno solo viene su tutti la redenzione e la vita» (Rm 5, 18).
«Insieme a Cristo essere morti agli elementi del mondo» (Col 2, 20) vuoi
dire già perciò «essere risorti con Cristo e pensare alle cose dell'alto, dove
Cristo siede alla destra di Dio» (Col 3, 1-2). E esistenza
nel passaggio che Cristo ha compiuto e che solo mediante questo compimento ha
reso possibile anche per noi: «Spogliarsi dell'uomo vecchio con le sue opere e
rivestire l'uomo nuovo» (Col3, 9), che quindi non è affatto uno
gnostico o contemplativo estraniato al mondo, ma sorge dalla concreta, attiva
riproduzione in sé della condizione e dell'agire di Cristo: «Rivestitevi quindi
come eletti di Dio, santi e amati, di viscere di misericordia, di bontà, di
umiltà, di mitezza, di pazienza; sopportatevi a vicenda e perdonate..., come il
Signore vi ha perdonato.
Soprattutto rivestitivi
d'amore; esso è il legame della perfezione» (Col 3, 12-14). L'etica scaturisce dalla logica
di morte e risurrezione, poiché quella logica permette ai membri di Cristo di
riconoscerla come credibile e di praticarla.
H.U. von Balthasar, Il tutto nel frammento, 226-229
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